Anthropos

Deus ex machina

un racconto breve

Piove. Sento battere l'acqua, mi torna in mente la notte in cui la incontrai.
Pioveva, pioveva strano. Non era una notte normale, era un'altra notte, l'acqua giù dal cielo creava architetture tridimensionali nella fioca luce dell'insegna del distributore. Ero teso, come il giorno prima della tempesta, il giorno prima dell'ultimo arrivo dei meccanoidi.


Ricordo mio nonno e i suoi racconti delle prime guerre, della genesi di noi biologici, della pioggia nel vuoto durante la lotta tra i titani Gea e Mecchan. I due titani e la lotta della genesi uhm, qualcuno della mia generazione nemmeno ci credeva. Uno era Gea, nostro padre e creatore, protettore e martire sulla cui salma noi siamo nati, l'altro era Mecchan il distruttore, l'orrida macchina, l'essere di ferro e male. All'inizio di tutto entrambi perirono uno per mano dell'altro.
Con una lancia in mano stavo percorrendo uno dei tanti bassifondi della regione del Costato, cercavo pezzi, Gea solo sa quanto avrei potuto ottenere dai rottami di quei bastardi.


L'acqua del cielo puzzava di acido e riuscire a vedere oltre il proprio naso non era cosa facile, in lontananza sempre più vicino uno strano ronzio catturò la mia attenzione. Giusto il tempo di nascondermi dietro ad un albero di tipaka ed ecco comparire un orrido essere di metallo, fluttuava nella pioggia ronzando e puntando le sue lunghe antenne verso una figura incappucciata che correva davanti a lui.


'Cazzo lo sapevo, me lo immaginavo che alla fine i guai li avevo trovati, ero riuscito a fuggire dall'ennesima guerra contro i freddi ed ora eccomi qui in braccio a uno di loro' pensai... Era un predatore, uno di quei "seek and destroy" con mille rilevatori di posizione e amenità varie, non mi aveva visto, forse, non mi cercava, ma era inutile pensarci troppo: dovevo agire!


Alt, parentesi... ora vi chiederete perché dovevo agire e non pensare a salvarmi il culo, bella domanda, beh proverò a spiegare come ragiona uno di venti inverni scarsi qui su Gea. Innanzitutto o noi o loro! La guerra è e sempre sarà, io sono nato di qua loro di là, io sono di carne loro di ferro arruginito e questo dovrebbe bastare a far capire che da qualunque parte tu nasca sei il bene e l'altra parte è il male... o almeno così ci ficcano in testa finchè non crepiamo. Palle! Di carne o di ferro ma sempre e solo palle, io lo uccido o lui se mi vede ucciderà me, punto. La guerra un domani finirà, certo, ovvio, soprattutto perché noi facciamo di tutto per farla finire, no?
Fine parentesi, scusate l'interruzione.


Corsi velocemente in direzione del futuro rottame, innalzai al cielo la lancia e con un lampo EMP blu colpii la sua schiena da granchio, un attimo dopo era a terra che vibrava. Dai suoi "occhi" accesi vedevo paura, era una macchina ma secondo me provava paura come me e voi, strappai dietro alla "testa" il suo carapace di ferro e piantai la lancia direttamente nell'unità di elaborazione. Dopo un suono sibilante che a poco a poco svaniva il meccanoide si spense. Gli ultimi cinque anni di addestramento in fanteria saranno pur serviti a qualcosa.


L'essere di metallo era lì inerte, pronto per essere a poco a poco smontato, già mi pregustavo quante belle cose mi sarei procurato soltanto scambiando i vari iniettori di biotossine presenti sulle "zampe" quando sentii una voce ovattata e dolce dietro di me: 'Grazié.
Una donna era lì, giovane, in una lunga veste rossa che mi osservava, timida, spaventata e vistosamente gravida. Disse di chiamarsi Sarah e di non avere più nulla.


Continua a piovere, è giorni ormai che non fa altro. L'odore di frutta fermentata sale dal mio drink, mi ci voleva proprio. Le quattro mura di questa capanna mi stringono, l'attesa fa male, il pensiero di un futuro arcano mi brucia nella testa. Sarah è con me, un'ora fa sono nati i gemelli. Alpha e Omega, la loro pelle è nera, la loro pelle è di silicio e i loro occhi illuminano la stanza. C' è ancora speranza. Credo.

Luca Taliano - 2011